Prefazione al libro di Donato Di Stasi
IL TEATRO TEOLOGICO: PER ASPERA AD ASTRA
Astronomo, fisico nucleare, poeta, Roberto Maggiani presenta il suo terzo libro di versi, L’indicibile, con un timbro insieme moderno e classico, con le sue ricognizioni serene e meditate sui flussi d’esistenza, ma anche con le intime lacerazioni del cercatore metafisico. Autore sobrio, essenziale, a tratti petroso, volutamente desertico per le poche parole usate in confronto all’immenso campo dell’esperienza, Maggiani non perde nessuna sfumatura della realtà, ne investiga ogni minimo aspetto, lasciando che tutto rifluisca nella scrittura secca e sentenziosa, rapida e essenziale dell’aforisma, come pure nei toni pacati delle composizioni più ariose e distese, nelle quali l’intento teologico è scoperto e non disturba, anzi rinnova posizioni pregiudizialmente abbandonate dalla poesia italiana degli ultimi trent’anni. In questo mondo che fugge a se stesso, si può ancora trovare uno scrittore votato a una nozione superiore di poesia, in grado di restituire l’equivalente letterario di quella concezione magica della Natura a cui più nessuno è disposto a dare credito (“C’è un irrefrenabile cinguettare sui rami/ il rimestio degli odori/rende l’aria dolce/frizzante./Spiccare il volo è facile/ quando s’aprono orizzonti/e in lenti declivi si accede ad altezze/sufficienti alla vertigine”). Per liberarsi dall’angoscia di esistere sempre meno, incarcerati da ansie e desideri ossessivi, il poeta deve poter immaginare un ordine superiore, deve poter confessare ogni segreto, cercando nei recessi della coscienza, per riportarne i frammenti di vissuto alla luce del giorno. In tal guisa Maggiani concepisce la poesia come un Teatro di Parola, dialogo ininterrotto con gli altri (sono gli interlocutori nominati: Tom, Dedé, Manu, Sebastiano, Marco), per uscire dall’avventura della scrittura felice quanto è possibile, infinitamente leggero, purificato e in pace. Pur di formazione cartesiana (rispetto di regole, certezze e prove) Maggiani non diffida della poesia, crede nella versificazione che alleggerisce e libera, non teme di slanciarsi in aria all’inseguimento della chimera teologica, riesce anzi a sognare la grazia perduta, ritrovandola nei laghi senza rive, nei giardini verdi, nella case bianche sulle quali la luce non muore mai (“Tra i campi di grano sollevai il viso./vidi poche stelle – le più brillanti./Percorsero tutta la strada con me/baluginando tra i rami degli alberi./Camminai così, a lungo/finché tutto il mio spirito fu sciolto nel cielo”). In questa trambasciata vita L’indicibile intende scrutare a fondo l’irrequietudine contemporanea, muovendosi tra gli estremi segnati dalle vicende umane, catastrofe e catarsi: la scrittura si palesa per arte e disciplina, singolare forma di accoramento per la perduta spiritualità del mondo, al contempo pienezza vitale, tesa a contrastare tetraggini e disperanze (“Questa è vocazione,/vita spesa per un intento”). Scorrendo le pagine del libro si entra dentro paesaggi familiari e remoti, dentro sommovimenti minimi, impercettibili, in perenne, pregnante attesa; il lettore viene accolto da una densità inconsueta, ricca di valori simbolici, di impreviste risonanze. Secondo i movimenti dell’anabasi e della catabasi (ascesa spirituale e discesa nella materia), si intende metaforicamente disarticolare le menti ottuse, restituire il discorso alle labbra mute per scelta di comodo, alle orecchie occluse dalla sordità e dalla pavidità. Si tratta in sostanza di tornare a ragionare per infiniti, di moltiplicare le dimensioni esistenziali senza temere i labirinti dell’amoralità e della moralità, se è vero che tutto risulta confusamente attorcigliato alla realtà; si tratta di una descensio ad inferos nelle proprietà fisico-chimiche della materia (alberi, rami, foglie, gemme, cellule, nuclei, neutroni, quark) per ritrovare l’energia immediata delle cose, per isolare il sovrasenso autentico della vita, affinché riesca a farsi largo tra le mille mistificazioni e falsificazioni odierne (“Sono di quelli che…/…si perdono a magnificare la purezza di Dio”). L’indicibile assume le fattezze del viaggio che intende far giungere ogni lettore a una radura, a un chiarore che sciolga le asperità degli animi, con il dichiarato fine di far intravedere i baluginìi del futuro (siano stelle, esplosioni solari, o la luce che inizia negli occhi dei bambini). Oltre l’apparente frammentarietà dei testi, risulta chiara l’immagine della sua opera che Maggiani si propone di farci pervenire, il che condensato in una formula perspicua si racchiude nel carattere folgorante, illuminante della parola poetica, avendo avuto cura di evitare cadute nelle formule meccaniche e sillogistiche proprie di molta antipoesia di moda. L’indicibile mostra un procedere analitico, teso a liberarsi dalle invecchiate consuetudini liriche, a vantaggio di un recitativo lento, ma più naturalmente espressivo, più immediatamente comunicativo. La struttura inventiva di questo linguaggio risiede nella facoltà di assimilare alla poesia territori geografico-semantici diversificati, dialettali, aulici, retorici, scientifici (si chetano, opime, climax, due quark Up e un quark Down), in forza di questo Maggiani accende i colori delle cose, riscalda l’eloquenza, alza il tono della rappresentazione: ne scaturisce un dettato dimesso, ma assai intenso, che si dà nella vibrazione della parola singola, nella sua musicalità interna, nel ritmo lento, ma pieno, nell’impasto sonoro, limpido e mescidato, che risulta fra gli aspetti più riusciti del libro (“I viottoli hanno case/scavate dal sole./Le loro pareti mi sono addosso//sto perdendo spazio”). Il modo di Maggiani di affacciarsi e contemplare paesaggi pretende una lingua rastremata, modulata in sordina, senza risalti sentimentali di maniera. Non sembri eccessivo, ma è come essere immersi in una semplicità, in una castità di modi, ritornati per miracolo nei movimenti freschi e spontanei di questi versi: secondo il vario intonarsi dell’ispirazione interiore il dettato poetico aderisce saldamente alla materia trattata, dilatandosi in suggestive apertura di orizzonti, concentrandosi e raddensandosi nelle descrizioni naturalistiche, raccorciandosi all’interno di strutture ellittiche, parche, assai meditate (“È la separata/la portata altrove – forse la prescelta?/Non cade-/altra legge è per lei-/appesa/lontana”). L’indicibile sfiora modi solenni e austeri, trapassa dai toni più alti della metafisica ai toni modesti della quotidianità, pur rimanendo ovunque fedele, senza eccessi e senza sbandamenti, a una costante impressione di riposo, di fervida quiete, dopo le travagliate deviazioni delle avanguardie storiche e le involuzioni epigoniche dei molti poeti circolanti senza poesia: qui no, fortunatamente, scrive un poeta che, rinnovato nell’intimo, non rinuncia alle speranze e alle promesse della più credibile letteratura. L’universo in cui abita Maggiani non è un miraggio: è affollato e rado, esiliato e invocato, luogo in cui si sciolgono le contraddizioni tra ragione materialistica e fede, spazio finalmente radioso, non solamente funzionale e geometricamente virtuoso. Nell’intento di risalire verso la fonte spirituale, egli si sforza di riportare alla mente l’infanzia, la freschezza, la bellezza: Maggiani insegue le vere passioni dell’uomo sotto le stelle che danzano, sotto le comete che si moltiplicano velocissime, sotto i fuochi che si spandono e cancellano il nero e il nulla.
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L’amore è l’unica ispirazione.
Quale amore?
L’amore che dà dolore
(il dolore che dà l’amore non misurato)
che impiega anni (secoli) a percorrere
le terre che gli appartengono.
Acqua, troppa, che infanga.
Attendo - forse tutti i tempi cosmologici -
che i monti scendano a valle
che il mare si prosciughi.
Passione e amore -
legati poi saldati poi disgiunti
opposti e compenetrati.
Ama chi si consuma e non marcisce.
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Alcuni commenti
In questi tempi di parole urlate, buttate, ostentate, l’Indicibile ha l’incantamento delle cose accennate, non dette, affascina con la levità di poche parole che vanno dritte al cuore. Dietro l’eleganza delle frasi si intravede un grande lavoro di scavo interiore che non può (non deve) lasciare indifferenti. La Fede si scorge tra le righe, ma non è fede bigotta, è Fede nell’Immensità, sia quella dell’universo, sia quella del cuore, è l’amore, grandioso, verso Dio e quindi verso l’umanità. L’Indicibile è come un dito teso a puntare verso un punto lontano, lontanissimo, che è dentro di noi e che a volte smarriamo ma è con le Parole di Maggiani che riusciamo a ritrovarlo. Lo consiglio vivamente a tutti, anche a chi non è avvezzo alla poesia, perchè è di una bellezza che non esito a definire straordinaria.
Giuliano Brenna
...davvero è sorprendente questo tuo “L’indicibile”. Testo abbagliante, di colpi di luce improvvisi, e non solo per la sostanza - o la tematica in sé - ma proprio per degli affondi nel cuore, destinati a tramandarsi in memorie. Come potrei da ora in poi dividermi da illuminazioni come queste, tanto per fare un esempio: “Tutto esplode di sole./ La via della luce inizia/ fin dagli occhi dei bambini.” Qui sta la tua e la nostra certezza. Tu ce l’hai rivelato. Basterebbero poche righe come queste, assolute, per dire che sei un poeta. Grande. A tratti mi è venuto naturale e spontaneo paragonarti al mio amatissimo Garcia Lorca. Per la lucentezza della lama che taglia la pagina, e incide profondamente il cuore. Nell’irripetibile Parola, ferma, alta, dirompente. Come è la tua, intrisa di sangue d’anima...
Paola Lucarini Poggi
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Recensione pubblicata sul quotidiano ITALIA SERA
venerdì 1 dicembre 2006
NUOVO LIBRO DI POESIA PER ROBERTO MAGGIANI
LINGUA: MEZZO ESPLORATIVO E SPERIMENTALE PER ALTRI MONDI
A distanza di cinque anni dal precedente Forme e informe e a sette dall’esordio avvenuto con Sì dopo sì nel 1998, Roberto maggiani torna a stupire con un nuovo libro di poesie dal titolo “L’indicibile”, lavoro in versi su cui si potrebbe osare scrivere che forse è l’incanto naturale di una intimità autentica. E’ raro che uno studioso di fisica si occupi di poesia e se ne occupi in modo specifico (Maggiani, nato a Carrara nel 1968, si è laureato presso l’Università di Pisa con una tesi di fisica nucleare), ma è pur sorprendente come si riesca a trovare, nei versi di Maggiani, una concettualità così aristocratica tale da poter divenire a sua volta una filosofia di una propria maniera di esistere; si ascolti: “Tra i campi di grano sollevai il viso./ Vidi poche stelle - le più brillanti./ Percorsero tutta la strada con me/ baluginando tra i rami degli alberi./ Camminai così, a lungo/ finché tutto il mio spirito fu sciolto nel cielo.”, e ancora: “Rimanere sulla croce/ fino alla conversione della mente./ Stare - fino all’attesa morte/ la bocca socchiusa/ la testa con spine/ gli occhi roteanti fino alla cecità./ C’è una sola strada per avere tutti i pensieri/ capire tutte le menti - completa/mente.”. Cerchiamo di intenderci subito: qual è il tema principale nella poesia di Maggiani? A parere (decisamente discutibile, va affermato senza ombra di dubbio), il tema significativo de “L’indicibile” (come del resto, prevediamo - anche se mai letti - dei precedenti lavori) risiede nella lingua, quale mezzo esplorativo e sperimentativi della pura invenzione. E di questa invenzione accattivante fanno parte: a) una componente sismicamente ritmica, magmatica, che segna i versi si una ondulazione inaspettata; b) una certa sensazione di esperienze vissute per davvero, esperienze che si ri/consegnano al destinatario in una nuova veste priva di nome e volto; c) una visionarietà letteraria (e a volte rozza, primitiva, non accademica e dunque straordinaria) che rimanda a George Trakl e Borges piuttosto che ai noiosi e insopportabili Manganelli, Luzi e Caproni. Per alcuni aspetti si tratta di una visionarietà che ha come base possibile etica della morte, un accordo/disaccordo che nei versi vive all’unisono, proprio perché se da un lato Maggiani si adegua al limite, alla constatazione che un individuo è unico, insostituibile, e dunque è aperto a lasciarsi andare al grido dello scandalo cosmico di una resurrezione purificatrice: “L’amore è l’unica ispirazione./ Quale amore?/ L’amore che dà dolore/ (il dolore che dà l’amore non misurato)/ che impiega anni (secoli) a percorrere/ le terre che gli appartengono./ Acqua, troppa, che infanga./ Attendo - forse tutti i tempi cosmologici -/ che i monti scendano a valle/ che il mare si prosciughi./ Passione e amore -/ legati poi saldati poi disgiunti/ opposti e compenetrati./ Ama chi si consuma e non marcisce.”; e di nuovo: “Tra la guerra e la pace poche sono le parole/ molti gli omicidi - le distruzioni./ Ci sono vite perse per sempre/ macchie sulla terra - rosse -/ gente massacrata./ Questo accadeva mentre/ ero sdraiato sulla spiaggia - il sole a picco -/ la mia mente lontana dalle menti/ il mio sangue lontano dal sangue.”Di queste parole, se recitate, certo intriga la flessuosità musicale, l’evocazione di un peccato consumato (anche nell’indifferenza apparente) che interessa non solo il poeta ma pure ciò che lo circonda (persone, oggetti, cose vive ed altre spente), come se una improvvisa attrazione verso il nulla sia qui brulicante di idee. E se l’idea di Roberto Maggiani sia anche quella di una consumazione intima, poco importa: egli sa di essere poeta proprio perché innamorato della parola, e di una parola che sa rendere tecnicamente fulminea, colma di grazia, una parola che seduce e corrompe allo stesso tempo, una metamorfosi straordinaria dell’idea del pensiero trasformata in una verbalità articolata con fantastica sapienza... In ultimo, ci appare evidente come L’indicibile possa essere una dichiarazione bellica: piuttosto che un libro fine a sé stesso è un passaggio verso qualcosa, un libro/documento per quei poeti che tali si definiscono ma che non sanno affatto cosa sia poesia, un libro aperto, una prova d’autore perfettamente riuscita che agogna ad essere pura metafora prima di divenire con sicurezza storia, cammino dell’uomo.
Libri » L’indicibile
Autore:
Roberto Maggiani
Poesia (Poesia)
Lingua: italiano
Formato: copertina flessibile
Dimensioni: 150x210 mm
pp. 36
Anno di edizione: 2006
Fermenti Editrice
ISBN: 9788889934029
8,00 €